Dettaglio luogo
Fonderia Mandel
Nel 1700 Villacidro fu scelta come sede per la costruzione di una grande fonderia e questo fu il primo e il più grosso impianto metallurgico su scala industriale della Sardegna.
Nel 1741, in seguito alla stipula di un contratto tra l’Intendente Generale e la società formata dagli inglesi Charles Brauder, Charles Holtzendorf e dallo svedese Charles Mandel per la coltivazione delle miniere sarde, con la clausola di coltivare “in loco” il minerale estratto, lungo le rive del rio Leni cominciò la costruzione della fonderia destinata alla lavorazione di tutto il minerale estratto dalle miniere dell’Iglesiente e del Guspinese. Villacidro venne scelta come sede per la sua ricchezza di acque e di boschi e perché era vicina a diversi centri minerari. La fabbrica venne chiamata “Charleshut”, e la sua realizzazione, che durò due anni, venne affidata all’ingegnere sassone Cristian Bose, ispettore generale delle miniere del Regno di Sardegna.
Nel 1743 la fonderia cominciò la sua attività.
La struttura era imponente e comprendeva anche mura e torri di recinzione, ma una serie di problemi causati dal clima, dalla malaria e, si disse, anche dall’inospitalità degli abitanti della zona, non permisero mai alla fonderia di raggiungere il massimo della produttività per cui era stata progettata. Impiegò comunque un notevole numero di manovalanza locale e fu una fonte di reddito per gli esterni (falegnami, taglialegna e carbonai, muratori, carrettieri…)
La fonderia andò avanti tra mille problemi (malaria, inattività, cause giudiziarie) per circa 50 anni e infine, nel 1797, chiuse, ma sporadiche notizie sulla sua attività continuano poi fino al 1806. A poche centinaia di metri dai ruderi della fonderia, nella seconda metà del 1800, venne impiantato un opificio per la lavorazione del rame, ad opera dell’imprenditore Giovanni Battista Fois: fu anche questa la prima fabbrica nel suo genere nell’isola.
Attualmente della costruzione che ospitò la fonderia e la fabbrica del rame rimangono pochissimi resti visibili, in parte lungo il corso del rio Leni e in parte in terreni di proprietà privata, completamente privi di tutela e riadattati a ricovero per attrezzi e animali.