Brano 1 tratto da Paese d’ombre

Parte quarta, pp. 288-290 - Edizione Mondadori: La costruzione del Lavatoio

Autore: Giuseppe Dessì
Lettura: Paese d'Ombre Parte quarta, pp. 288-290 - Edizione Mondadori
Argomento: La costruzione del Lavatoio
Durata: 4:48
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Era la prima volta che il sindaco si opponeva ai prinzipales e il paese ne era felice. Sapevano che chiunque altro, al suo posto, avrebbe accettato senza discutere la proposta di Andrìa Porcu. Il Comune di Norbio non aveva un ufficio tecnico, così Angelo diede l’incarico di preparare il progetto all’ingegnere Cataldi. Una sera, dopo cena, Cataldi cominciò a fare schizzi sotto la lampada a petrolio dello studio. Lavorava svelto e chiacchierava, rispondendo alle domande del sindaco. A monte, sarebbe stato costruito un serbatoio; sotto, gli abbeveratoi, tutto in cemento. Era la prima volta che si usava il cemento a Norbio, e mentre la matita lavorava sul foglio di carta bianca, Cataldi spiegava i pregi del nuovo materiale che consentiva costruzioni rapide e durature. Angelo voleva dodici abbeveratoi e tanti ne disegnò l’ingegnere ai piedi delle fondamenta della villa del professor Todde, proprio sotto lo strapiombo. Formavano un ampio semicerchio sopra una massicciata.

Decise di cominciare i lavori subito e ottenne l’autorizzazione della Prefettura telegraficamente, quando i lavori erano già in corso. A quel tempo, il banditore di Norbio era Gigi Lubranu che aveva suonato la carica alla battaglia di Dogali, da cui era uscito con una ferita che lo aveva lasciato mezzo invalido. Di mattina alle otto, dalla prima scalinata del Municipio dava fiato alla cornetta.

La gente si fermava e si metteva in ascolto. Lubranu si raschiava la gola, sputava, poi cominciava con la sua voce limpida: – Per ordine del sindaco si dà questo bando –. Quella mattina al consueto preambolo seguì la notizia che stavano per cominciare nel bau de sa madixedda i lavori per la costruzione degli abbeveratoi, e che chiunque volesse guadagnarsi la giornata, si presentasse subito al Segretario comunale. Si presentarono manovali, terrazzieri, minatori e le donne corsero al guado per vedere. Per il momento non c’era altri che l’ingegner Cataldi che, aiutato dal capomastro Matteo Pidongia, piantava pali di ferro e prendeva le distanze con pezzi di spago. Quando, verso le dieci, arrivarono gli operai, cominciò lo spettacolo. Erano minatori, per la maggior parte, poiché in quei giorni c’era sciopero nella miniera di Buggerru. Nessuno, a Norbio, aveva mai visto picconi maneggiati con tanta sveltezza e bravura. Sembravano ruote che girassero tagliando la roccia e la terra, facendo volare in alto scintille e schegge.

Il lavoro procedeva a ritmo sostenuto e Angelo si recava al guado due o tre volte al giorno. Una mattina incontrò zia Marietta Serra che lo invitò a prendere il caffè. La vecchia lo guardava con gli occhietti sbiaditi e umidi e lui non se la sentì di rifiutare.

– Il caffè l’ho appena preso, zia Marietta, – disse – ma gradirei un bicchiere di quella buona acqua fresca del vostro pozzo.
Il pozzo di Marietta Serra era famoso, a Norbio, e molti “signori” passando, si fermavano a bere. Era situato al centro del vasto cortile quadrato, tutto coperto da un pergolato così fitto che a stento il sole vi penetrava. I grappoli dell’uva corniola, ormai maturi, pendevano tra le foglie.
– Ho bisogno di parlarti – disse infilandogli una mano sotto il braccio e spingendolo verso la cucina – e non dirmi che devo venire domani nel tuo ufficio. È troppo lontano.
– Bene – disse Angelo sedendosi su un basso scranno.
– Ecco, io sono vecchia, ho vissuto molti anni. Non parlo per me, ma siamo tutte piene di reumatismi. Guarda le mie mani – e tese le mani piccole e deformate.
Angelo sapeva che le mani di quasi tutte le donne di Norbio erano simili alle sue. Improvvisamente le ritrasse, le nascose sotto le ascelle, il busto un po’ chino in avanti, e il viso proteso:
– Per tutta la vita abbiamo desiderato una cosa: poter lavare al coperto tenendo i piedi all’asciutto. Tu ci puoi capire Angelo Uras. Ho visto che stai facendo grandi lavori. Se fai gli abbeveratoi per i proprietari puoi fare anche il lavatoio coperto. È il momento buono.
– Da tanto ci penso – fece Angelo. – Da quando mammài tornava tutta bagnata dalla Fluminera.
– Dio ti benedica! – disse la vecchia toccandogli la fronte con la punta delle dita.
– Non sarà una cosa facile, – mormorò – ma farò tutto il possibile.